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L'esperienza è "un viaggio ai limiti del possibile umano", e il suo principio è il "non-sapere". Lo spirito è messo a nudo nella tensione che spezza le regole del sapere abituale. In questo senso, è proprio la nudità senza riserve che mette di fronte a questo estremo possibile: all'estensione assoluta, che non può più nemmeno essere detta, o articolata. Solo il "sacrificio" della parola nella poesia può forse trovare una forma per un'esperienza che rimarrebbe, altrimenti, puramente estatica, per sempre perduta nell'indicibile. Solo la letteratura, se non può dire la morte, se non può descriverne l'esperienza, può darci di essa il sentimento. Anche nell'"Abate C". Bataille torna sul problema della scrittura: quello che essa afferma e quello che essa cancella. Solo nella scrittura è possibile legare "intimamente l'affermazione alla negazione". Credo che il segreto della letteratura sia questo, e che un libro sia bello solo se abilmente ornato dell'indifferenza delle rovine". La storia è senza esito, e dunque si svolge all'interno dell'universo claustrofobico e rovinoso della scrittura. Il pacco di lordura che l'Abate lascia sotto le finestre di Éponine, la colata escrementizia, il furore, la malattia danno un senso di soffocamento mescolato a "un'illimitata impudicizia fatta di grida, di escrementi". La poesia è l'uscita dai sentieri del logos abituale, ma è anche la tomba, in cui tutto si avvolge in una spirale infinita senza uscite. (Dallo scritto di Franco Rella)